Locazioni e rimodulazione dei contratti al tempo del Covid 19

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17/04/2020

Tra le tante problematiche derivanti dall’emergenza Covid 19, molte riguardano la materia locatizia. Nonostante la pubblicazione del Decreto Legge 18 marzo 2020 (“Decreto Cura Italia”) sono rimaste irrisolte, ed in un certo senso peggiorando la situazione.

Le misure adottate dal Governo hanno portato non pochi problemi, per i conduttori di immobili - soprattutto di uso commerciale e/o professionale - di non facile soluzione : da un lato il mancato godimento dell’immobile locato dovuto alla forzosa chiusura di tutte le attività commerciali (non di prima necessità) dettata dal Governo con il Decreto Italia, dall’altro la temporanea interruzione dell’attività commerciale del conduttore e la conseguente drastica riduzione di ogni introito monetario.

Tale situazione di incertezza ed impasse, ha spinto tanti inquilini a ritenere “legittima” la risoluzione del contratto locazione e/o la sospensione del pagamento del canone, per tutto il periodo di chiusura legato all’epidemia.

Una sospensione unilaterale - decisa sic et sempliciter - non è purtroppo una soluzione giuridicamente corretta, anzi tutt’altro.

Cerchiamo di capire il perché:

Ai sensi dell’art. 27 della L. 392/78:

Indipendentemente dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata.”

Quindi, in presenza di “gravi motivi”, il conduttore ha certamente facoltà di recedere dal contratto di locazione. Tuttavia, nell’arco dell’ultimo periodo (6 mesi di preavviso) dovrà comunque continuare a pagare al proprietario dell’immobile il canone previsto da contratto.

Se da un lato l’emergenza Covid 19 può ragionevolmente considerarsi come “grave motivo” di risoluzione contrattuale, tenuto conto dell’estensione nazionale della pandemia e dell’intensità delle misure restrittive adottate dal Governo centrale e dalle Regioni per le attività non di prima necessità, è altrettanto vero che la gravosità della prosecuzione del rapporto di locazione deve assumere una connotazione chiaramente “oggettiva”, per cui le ragioni che consentono al conduttore di liberarsi in anticipo dal vincolo contrattuale, devono essere determinate da avvenimenti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenute alla costituzione del rapporto, tali da renderne oltremodo gravosa la prosecuzione”.

Detto in parole semplici, la risoluzione di un contratto di locazione per gravosità oggettiva, non può risolversi in una valutazione personale, soggettiva ed unilaterale da parte del conduttore, che reputa non più opportuna e conveniente la continuazione del rapporto locatizio. Al contrario, andrà verificata ed accertata la sussistenza di un vero e proprio “squilibrio” tra le originarie prestazioni contrattuali delle parti. Uno squilibrio - è bene precisarlo - che sia idoneo, ad incidere significativamente sull’andamento dell’azienda o dell’attività commerciale del conduttore, che si colloca appunto nell’immobile oggetto della locazione.

Concretamente, il recesso del conduttore dalla locazione, ex art. 27 L. 392/78, potrebbe rappresentare si, una soluzione percorribile, ma da valutarsi caso per caso, tenendo ben a mente però che gli effetti e le conseguenze economiche sulle locazioni, in conseguenza della pandemia, possono manifestarsi in forme estremamente differenti, in ragione del settore dell’attività svolta dal conduttore, della tipologia di clientela di quest’ultimo e dei complessivi canali di vendita utilizzati in ambito commerciale. Resta ovviamente fermo e non derogabile l’obbligo di comunicazione preventiva di recesso ex art. 27 della L. 392/78, che sarà il preludio della chiusura definitiva del rapporto di locazione.

Per quanto ci riguarda tale tipo di rimedio giuridico potrebbe risultare una scelta sbagliata se si considera il carattere “temporaneo” dell’emergenza in atto: una volta conclusasi la pandemia il conduttore che avrà esercitato il recesso non potrà tornare sui propri passi. La risoluzione avrà un senso se la sua intenzione sia quella di chiudere definitivamente i rapporti con il locatore o di collocare la propria attività presso un altro immobile commerciale.

Se la risoluzione strictu sensu, non può essere considerata una soluzione giuridicamente corretta e facilmente percorribile, c’è stato chiesto se - per l’emergenza Covid 19 sia possibile almeno sospendere il pagamento del canone invocando come giustificazione l’impossibilità alla prestazione

Anche questo percorso appare difficilmente praticabile

Dobbiamo ricordare – infatti - che il conduttore che ometta di pagare il canone di locazione, anche in riferimento ad una sola mensilità, si espone al rischio di un’intimazione di sfratto da parte del locatore ed è, eventualmente, in quella sede che potrà avanzare le proprie difese.

Il decreto Cura Italia ( vedi art. 103, sesto comma del decreto legge 18/2020) ha previsto che l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, venga sospesa fino al 30 giugno 2020. Ciò significa che il proprietario dell’immobile che ha già in mano un’ordinanza di ingiunzione al pagamento dei canoni arretrati e sgombero locali non potrà agire per l’esecuzione coattiva del provvedimento tramite l’intervento dell’ufficiale giudiziario per riappropriarsi dell’immobile.

Il Decreto Cura Italia stabilisce che

Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti” dall’art. 91 del Decreto Legge 18 marzo 2020 (“Decreto Cura Italia”)

Va ricordato tuttavia che ai sensi dell’art. 1218 C.c.:

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato all’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

In relazione al principio di cui all’ art.1256 c.c., :

L’obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Per spiegarla con parole semplici - il Decreto Cura Italia prevede, dunque, che il rispetto delle misure di contenimento da Covid-19 imposte dal Governo rappresenta un’esimente ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore, nonché ai fini dell’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

Se l’impossibilità è solo “temporanea” (come nel nostro caso), il debitore finché perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla”.

La norma quindi pone un principio di carattere generale per cui, dove la prestazione dedotta in contratto diventa totalmente impossibile per motivi estranei al soggetto che è tenuto ad eseguirla, quest’ultimo può legittimamente richiedere la risoluzione contrattuale.

Orbene, nell’attuale situazione emergenziale, la prova della valutazione circa l’impossibilità o parzialmente impossibilità dell’obbligazione non sarà affatto facile per il conduttore. Pur riconoscendo, la “frustrazione” d’ogni possibilità di esercizio dell’attività commerciale nell’immobile in locazione e, con essa, d’ogni possibilità di guadagno, l’effettiva impossibilità della prestazione del conduttore andrà valutata sulla base di circostanze oggettive e concrete di assoluto impedimento. Nei fatti bisognerà considerare la qualità del conduttore medesimo (persona fisica, ditta individuale, società di persone o società di capitali), la tipologia di attività svolta, il settore merceologico (le attività di prima necessità non risultano incluse tra quelle soggette a chiusura) e sull’impedimento che di fatto questo incontra nell’eseguire la propria prestazione

Un analisi che dovrà essere supportata di specifici elementi probatori che siano in grado di dimostrare la sussistenza dell’impedimento oggettivo e assoluto, una forte contrazione dei guadagni ed, in generale, una situazione economico/patrimoniale del conduttore ai limiti dell’insolvenza.

Da quanto espresso fin ora, il conduttore è tenuto comunque a sostenere il costo della locazione sia a fronte dell’oggettiva impossibilità di svolgere la propria attività commerciale.

Ma qualche spiraglio e una possibile via di fuga è comunque ravvisabile.

Cerchiamo di capire come

In ogni contratto a prestazioni corrispettive, come appunto la locazione, vige un principio giuridico di carattere generale, ovvero quello dell’equilibrio nei rapporti tra le parti e le relative prestazioni., il così detto rapporto sinalgmatico

Il Legislatore (Art. 1467 c.c.) chiarisce che:

Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458.

Inoltre

la risoluzione non può essere domandata, se la sopravvenuta onerosità rientra nell’alea normale del contratto, dall’ altra la parte, il proprietario contro la quale è domandata la risoluzione potrà evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.”.

La Giurisprudenza ha avuto modo di specificare che

L’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per poter determinare, ai sensi dell’art. 1467 c.c., la risoluzione del contratto a prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, deve essere causata dal verificarsi di avvenimenti straordinari ed imprevedibili.

Per dirla con parole semplici - il carattere della straordinarietà, dovrà assumere una valenza obiettiva ed oggettiva qualificando un evento in base all’apprezzamento di elementi, quali la frequenza, le dimensioni, la intensità etc, suscettibili di misurazione e quantificazione, quindi, tali da consentire, attraverso analisi quantitative, classificazioni quanto meno di ordine statistico, mentre il carattere della imprevedibilità ha una radice soggettiva, facendo riferimento alla fenomenologia della conoscenza.

Ora, nell’attuale situazione, potrebbero oggettivamente sussistere tutti i suddetti elementi per la dichiarazione di eccessiva onerosità della prestazione del conduttore.

Tuttavia, come già accennato, si tratta di uno strumento giuridico avente carattere “risolutivo”, che quindi va a rompere definitivamente il rapporto di locazione tra le parti in maniera irreversibile.

Va chiarito ancora che ad esso il conduttore potrà ricorrere sempre che il locatore non preferisca evitare la risoluzione offrendo al conduttore stesso di modificare equamente le condizioni del contratto in essere.

È proprio per tali ragioni che l’utilizzo del rimedio in oggetto è suggerito allorché il conduttore sia pienamente convinto di voler chiudere la propria attività commerciale o di collocarla presso altro immobile commerciale.

Come appena indicato, l’ultimo comma dell’art. 1467 c.c.

il proprietario contro la quale è domandata la risoluzione potrà evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto

apre la porta ad una rinegoziazione dei termini contrattuali tra conduttore e locatore.

Tale norma, infatti, prevede che il locatore che intenda evitare la risoluzione del contratto da parte del conduttore, può proporre una modifica “equa” delle condizioni di contratto.

Ogni nuovo accordo modificativo della locazione è infatti lasciato alla libera autonomia negoziale dei contraenti, i quali potrebbero addirittura procedere in tal senso al di fuori e a prescindere dall’attuale situazione emergenziale legata al COVID 19

Tale principio va letto in combinato con quanto previsto dall’art. 1464 c.c. secondo il quale:

Quando la prestazione di una parte è divenuta “solo parzialmente impossibile”, l’altra parte ha diritto a una corrispondente riduzione della prestazione da essa dovuta, e può anche recedere dal contratto qualora non abbia un interesse apprezzabile all’adempimento parziale”.

Per quanto è di interesse, l’emergenza COVID-19 può e deve essere legittimamente considerata quale “impossibilità parziale della prestazione” che riguarda tanto il conduttore, quanto il locatore che, a causa delle vigenti misure interdittive, non riesce più a garantire il sereno e pieno godimento del locale commerciale al proprio conduttore così come invece impostogli dall’art. 1575 c.c., una impossibilità - allo stato attuale - di carattere esclusivamente “temporaneo” e quindi senza alcun carattere di definitività.

Venendo poi all’aspetto maggiormente pratico, occorre osservare che sia l’offerta del locatore di equa rimodulazione delle condizioni della locazione (ex art. 1467 c.c.), sia la rinegoziazione “bilaterale” del contratto (ex art. 1464 c.c.), vanno necessariamente intese come nuova proposta di contratto o addirittura come nuovo contratto di locazione.

Saremo di fronte ad un nuovo accordo o forse più correttamente un nuovo contratto di locazione consentirà di ridurre il canone di locazione per un determinato periodo di tempo.

Alla forma scritta, sarà opportuno accompagnare la contestuale registrazione presso l’Agenzia delle Entrate. Ricordiamo infatti che la registrazione ha notevole importanza poiché, oltre a conferire data certa al documento, consente al proprietario/locatore dell’immobile di rapportare l’imposta ai fini IRPEF al canone come ridotto.

Sul punto D.L.18/2020 “Decreto Cura Italia” ha previsto quale ulteriore misura contenitiva degli effetti dell’emergenza sanitaria in atto che :

Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

A gelare gli entusiasmi la doccia fredda dell’Amministrazione Finanziaria .

La circolare Agenzia delle Entrate n° 8/E del 3 aprile 2020 chiarisce che agevolazioni sugli affitti di negozi e botteghe solo se il pagamento è effettivamente avvenuto: la motivazione sarebbe inquadrabile dalla circostanza che la misura ha la finalità di ristorare il soggetto dal costo sostenuto costituito dal canone di locazione.

 

Avv. Pier Manlio Giaquinto

Studio Legale Giaquinto - Viale Italia 547 19125 La Spezia

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